L’abuso del diritto di maggioranza ai danni del socio di minoranza

Il Tribunale di Milano, Sezione Imprese, con la sentenza n. 4030 del 23.04.2019, ha rilevato come  “La delibera di nomina dell’organo amministrativo è atto negoziale (tra società e amministratore) con valenza organizzativa (riguardando per eccellenza la governance della società) che vincola le parti ex art 1372 c.c. fino alla naturale scadenza del mandato (salvo il verificarsi delle cause tipizzate di cessazione dell’incarico) e non è pertanto consentito all’assemblea, prima della scadenza del mandato, sostituire l’organo amministrativo senza che ciò trovi giustificazione nell’esigenza di tutelare uno specifico e ben individuato interesse sociale. Ogni deliberazione assembleare adottata arbitrariamente dal socio di maggioranza e dannosa per il socio di minoranza, infatti, risulta connotata da abuso”

Il caso in esame vedeva l’impugnazione di una delibera con la quale, la modifica della struttura dell’organo amministrativo non aveva avuto altra valida motivazione se non l’estromissione del precedente amministratore, espressione della minoranza, prima della scadenza del mandato ed in assenza di una formale revoca, in assenza di una specifica esigenza di soddisfare un qualsiasi possibile interesse sociale.

Il Tribunale ha rilevato come la delibera con la quale si provvede a nominare l’organo amministrativo è un atto negoziale tra la società e l’amministratore che vincola le parti ai sensi dell’art. 1372 cod. civ. fino alla naturale scadenza del mandato, salvo il verificarsi di cause tipiche di cessazione dell’incarico, con le conseguenze previste dalla legge e dallo statuto sociale.

L’importanza di tale atto negoziale si estende anche nei confronti dei soci e non è quindi permesso all’assemblea, prima della scadenza del mandato, sostituire l’organo amministrativo in assenza di uno specifico e ben individuato interesse sociale e tanto a maggior ragione quando comporta un danno ai soci di minoranza che, non potendo più partecipare al C.d.A, si troverebbero privati di tutti i relativi poteri di decisione, gestione, conoscenza degli affari sociali, di controllo e, qualora necessario, di manifestare il proprio dissenso.

Il Tribunale ha dunque accertato e dichiarato la sussistenza della fattispecie di abuso del diritto della maggioranza richiamando altresì la sentenza della Corte di Cassazione n. 27387 del 12.12.2005 secondo la quale “l’abuso della regola di maggioranza (altrimenti detto abuso o eccesso di potere) è, quindi, causa di annullamento delle deliberazioni assembleari allorquando la delibera non trovi alcuna giustificazione nell’interesse della società – per essere il voto ispirato al perseguimento da parte dei soci di maggioranza di un interesse personale antitetico a quello sociale – oppure sia il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci maggioritari diretto a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza “uti singuli””, successivamente ripreso dalla pronuncia della stessa Corte di Cassazione n. 15942 del 17.07.2007.

Anche il Tribunale di Roma, Sezione Imprese, con la sentenza n. 15923 del 21.07.2015 ha affermato che “La figura dell’abuso di potere, quindi, rappresenta un limite al principio maggioritario vigente nel diritto societario corrispondente ad un principio generale dell’ordinamento giuridico secondo il quale è vietato abusare dei propri diritti e, quindi, fare di essi un esercizio emulativo (sulla tematica dell’abuso del diritto, si veda, di recente, Cassazione civile, sez. I, 12 maggio 2011 n. 10488). L’orientamento più recente della giurisprudenza di legittimità, peraltro, fonda il divieto di abuso sulla base dei canoni generali della correttezza e della buona fede. Più specificamente, il principio di buona fede contrattuale ed il conseguente principio di collaborazione – che deve informare l’opera dei soci nell’organizzazione della società – vengono considerati il fondamento per riconoscere la figura dell’abuso di potere, quale elemento invalidante le deliberazioni assembleari, finalizzate esclusivamente a favorire la maggioranza a danno della minoranza.

In sintesi, dunque, l’abuso di potere è causa di annullamento delle deliberazioni assembleari quando la deliberazione:
a) non trovi alcuna giustificazione nell’interesse della società; deve pertanto trattarsi di una deviazione dell’atto dallo scopo economico-pratico del contratto di società, per essere il voto ispirato al perseguimento da parte dei soci di maggioranza di un interesse personale antitetico rispetto a quello sociale;
b) sia il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci di maggioranza diretta a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza uti singuli poiché è rivolta al conseguimento di interessi extrasociali. I due requisiti testé evidenziati non sono richiesti congiuntamente, ma in alternativa (cfr., altresì, Cassazione civile, sez. lav., 19/04/2003, n. 6361; Tribunale Roma, 22/10/2002; Tribunale Milano, 28/06/2001; Tribunale Milano, 22/06/2001)”.